Quando da piccola accompagnavo la mamma a fare la spesa, inoltrarmi tra i corridoi di scaffali pieni di prodotti colorati di ogni forma, profumo e sapore era come entrare in una sorta di mondo delle fiabe, dove tutto era a disposizione. In effetti, i supermercati vogliono essere una sorta di mondo delle fiabe, perché ci raccontano (benissimo!) che possiamo avere sempre tutto, in qualsiasi momento dell’anno.
Insomma, mica come una volta, quando per mangiare la carne più di un paio di volte al mese bisognava essere fortunati e tutti sapevano quali erano i frutti e le verdure di stagione (facile: era quelli che ti trovavi nel piatto). Come sempre, anche qui c’è il rovescio della medaglia: la sovrabbondanza di cibo disponibile si è tradotta, negli ultimi decenni, in un progressivo aumento delle persone sovrappeso e obese. Il “rimedio” in cui molti ripongono le proprie speranze, e che negli anni si è trasformato in una prosperosissima fetta di mercato, sono i prodotti “light”.
Per definizione, un prodotto può essere definito “light” quando contiene il 30% in meno di energia (espressa in Kcal) rispetto al suo prodotto omologo. Per arrivare a questo risultato, ci sono due vie: vengono eliminati o diminuiti gli zuccheri (spesso sostituiti da dolcificanti artificiali) oppure vengono sottratti i grassi (come in genere accade nel caso di latte e derivati). In entrambi i casi, però, questi prodotti non possono essere visti come una soluzione efficace al problema sovrappeso/obesità. Del resto, nonostante la ormai lunga vita sugli scaffali dei negozi, il fenomeno sovrappeso è lungi dall’essere sconfitto.
I prodotti “senza zuccheri aggiunti” nascondono la loro illusione proprio in questa scritta. Inforcate gli occhiali o prendete una lente e leggete attentamente le liste degli ingredienti sul retro: in molti casi troverete, sulla lista: “saccarina”, “aspartame”, “ciclamato” o “E952” al posto di “glucosio” o “sciroppo di glucosio”. Ossia dolcificanti. Quando facciamo uso di dolcificantii artificiali, al nostro cervello viene comunicato che sta per arrivare energia, che però poi non arriva. Quindi, il nostro “centro di controllo metabolico” entra in allarme, perché non ha ricevuto l’energia “promessa” e attiva i centri della fame. Risultato? Si finisce per mangiare di più. Non è certo un caso se, negli USA, dal 1987 al 2000 il consumo di dolcificanti sia passato da 70 a 160 milioni di soggetti e nello stesso periodo la percentuale di obesi sia salita dal 15 al 30 per cento (fonte: Jama). Passiamo ai cibi con meno grassi. Se andiamo a leggere, per esempio, la tabella nutrizionale del latte, ci accorgiamo che, preferendo al cosiddetto “latte intero” quello parzialmente scremato, “risparmiamo” solo 20 Kcal ogni 100ml, ossia meno di 50kcal per una tazza. Un’inezia, insomma. Peccato che, durante il processo di scrematura, vada persa quasi la metà delle vitamine liposolubili (A, D, E). Vale la pena? Direi di no. Anche perché il prodotto scremato perde anche il suo potere saziante (conferito proprio dai grassi!). Risultato? Anche qui, avrete più fame e mangerete di più! E lo yogurt? quando è scremato, il più delle volte è zuccherato, oppure addizionato di dolcificanti artificiali per cui si torna al discorso fatto poche righe sopra. “Ma come? - direte voi - non c’è soluzione??”
La soluzione c'è, ma non è da cercarsi in alimenti variamente processati
La soluzione c’è, ma non è da cercarsi in alimenti variamente processati; piuttosto, in un consumo intelligente di cibo “vero” o, in altre parole “nutrient-dense” al posto di “energy-dense”. Esempi? Cereali integrali, legumi, verdura, frutta. Tutti alimenti alla base della dieta mediterranea, che da italiani dovremo conoscere a menadito e che invece, purtroppo, siamo i primi a snobbare…(ne parliamo in un altro articolo).
Saluti leggeri (ma non light) dalla vostra consulente nutrizionale Tatiana Gaudimonte
Dr. Tatiana Gaudimonte Love YourBody
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